Esce giovedì 11 giugno il nuovo di libro di Federico Vergari: 20 storie di chi non si è arreso, come la Pellegrini, la Legnante, la Bartoli o Nuvolari. “Ma la più bella vittoria imperfetta è quella di De Rossi… Per lui serve un altro libro”

Ogni sportivo porta con sé una storia. Chi ha vinto tutto e chi non ha vinto mai. Vittorie Imperfette, il nuovo libro di Federico Vergari che uscirà giovedì 11 giugno con Lab Dfg, vuole raccontare le storie note e meno note di chi non si è fermato nel momento in cui tutto e tutti si aspettavano un passo indietro. Le storie di chi non si è arreso. Da Tazio Nuvolari a Federica Pellegrini, da Marco Pantani a Elisa Bartoli, da Novak Djokovic a Assunta Legnante e Michael Jordan. Venti storie. Alcune sono interviste, altre riescono comunque a raccontare, grazie all’abilità dell’autore, un’intimità profonda della persona, sorprendendo.

Vergari, come nasce l’idea di far conoscere il fascino di certe imperfezioni?

“Durante un viaggio in macchina dopo una presentazione del mio primo libro (Le Sfide dei Campioni. Emozionanti imprese tra i grandi dello sport, ed. Tunuè) ho iniziato a pensare a tutte quelle figure sportive che nel corso della loro carriera hanno avuto momenti molto alti, ma anche molto bassi. Mi chiedevo in fondo chi gliel’avesse fatto fare, cosa li avesse spinti a rimettersi in gioco nonostante avessero già avuto tanto. E da questa domanda è nato Vittorie Imperfette. Prendete Assunta Legnante, aveva conquistato un Europeo nel getto del peso, poi ha perso la vista, ma qualcosa l’ha fatta diventare una cannibale nel suo sport paralimpico, dove sta vincendo tutto”. 

Il registro è molto personale anche dove manca l’incontro diretto con il campione. Il racconto su Tazio Nuvolari è particolarmente intimo.

“Ho cercato di mettere nel mio in tutte le storie dove non ho avuto contatti diretti. In quel caso, visto che sono romano ma vivo a Firenze, ho preso la bicicletta e ho vissuto le strade di Nuvolari, chiacchierando con chi lo aveva intercettato. Per raccontare Djokovic ono partito da una domanda: cosa avrebbe detto Foster Wallace, uno dei miei scrittori preferiti e grande appassionato di tennis, dopo l’ultimo Wimbledon? Così ho cercato di scavare in modo diverso storie che probabilmente già conosciamo. Come quella di Zanardi: lui stesso l’ha raccontata tante volte, ma l’ho immaginato contestualizzato nella cultura pop, con una lettura un po’ sociologica. Allora è nato il ‘momento Zanardi’ che è qualcosa che possiamo avere tutti, un momento in cui ti rialzi dopo che qualcosa ti ha destabilizzato”. 

Lei ha avuto un ‘momento Zanardi’?

“Sì, quando dopo undici ho lasciato un lavoro a tempo indeterminato per fare quello che sognavo davvero. Certo, non è paragonabile a quello che hanno fatto i personaggi del mio libro, ma a volte bisogna avere il coraggio di fare dei salti nel vuoto, cercando il nostro ‘momento Zanardi’”.

La storia che le ha insegnato di più?

“Probabilmente quella di Elisa Bartoli, la capitana della Roma femminile. La scelta di tornare nella sua città dopo il trasferimento (molto doloroso) e gli scudetti in Sardegna è stata coraggiosa: la società era completamente nuova ed era l’anno del Mondiale. Ha rischiato e la storia le ha dato ragione”. 

La Bartoli è l’unica calciatrice. Eppure anche il mondo del pallone è pieno di ‘momenti Zanardi’.

“È stata una scelta perché mi faceva piacere raccontare il calcio in altro modo, visto che sono convinto che il calcio femminile possa dare davvero tanto. Occorre solo crederci un pochino. Poi è vero che quello maschile è pieno di grandi storie: io sono di Ostia, andavo nello stesso liceo di De Rossi e Daniele è assolutamente una vittoria imperfetta, ma per raccontarla serve un libro vero e proprio. Quello che ha passato con il primo matrimonio, il legame con la moglie, quello con il suocero, come è caduto e come si è rialzato, il secondo matrimonio con Sarah Felberbaum che lo ha cambiato radicalmente… Forse quella di De Rossi è la più bella delle storie imperfette che non ho raccontato”. 

Lei è tifoso della Roma. Quella di oggi come la vede? È meno romantica di un tempo?

“Io credo che se ti impegni il lato romantico nella Roma lo trovi sempre, basta guardare i suoi tifosi, i bar polverosi appena riaperti in cui adesso si sta tornando a parlare di calcio: il romanismo si comprende bene raccontando le sfaccettature dei suoi tifosi, ancor prima dei suoi protagonisti. Quanto alla squadra, vorrei vedere una società che assieme ai suoi tifosi creda in un progetto, cosa che a Roma avviene molto raramente perché siamo impazienti. Visto che la rosa è giovane, visto che Fonseca con i giovani lavora bene, perché non dargli fiducia e vedere che succede tra due-tre anni?”.

“Vittorie Imperfette” non parla solo di sport.

“No, va oltre lo sport, perché nella vita si può cadere per mille motivi. Io inizio il libro parlando di Charlie Brown, uno che ha sempre perso e non si è arreso mai, e lo immagino adulto e vincente. Mi piacerebbe che in quest’Italia malandata che ora ricomincia a vivere fossimo tutti un po’ Charlie Brown, con il suo spirito, quello che non ci fa abbattere davanti a nulla e ci spinge a riprovarci”.

Elisabetta Esposito

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