Circa due anni fa, Federico Vergari nel suo Vittorie Imperfette raccontava l’inizio dell’ascesa di Chiara Pellacani. All’epoca era la più giovane campionessa europea di sempre. Da ieri è vicecampionessa mondiale nel tuffo sincro misto. Titolo conquistato insieme a Matteo Santoro.

Quello che segue è l’inizio del capitolo dedicato a Chiara a cui vanno gli auguri e i complimenti di tutta la nostra casa editrice.



Gianni Brera, non uno qualunque.
Fu Gianni Brera ad accorgersi con grande anticipo, prima di tanti altri colleghi giornalisti, di quante storie potevano nascondersi dentro un semplice tuffo. Capì, prima di molti, quante sfumature si potevano raccontare (e in quanti modi) di quei pochi secondi composti da preparazione, salto, caduta e ingresso in acqua.

Brera, ad esempio, comprese davanti a quanti attimi e bivi poteva arrivare a trovarsi un tuffatore nel momento in cui decideva che era giunta l’ora di cadere e lasciare che fossero la gravità e il vano gesto atletico di sfidarla il più a lungo possibile a fare il resto.

Equilibrio, muscoli e concentrazione per sfidare la gravità.
Un mix di sudore, fatica, concentrazione e follia per raccontare la storia più bella perché «colui che segue i tuffi» sosteneva Brera «è autorizzato a pensare che l’ambizione umana sia senza fine, perché in questa disciplina, peraltro onorata dal coraggio e dalla grazia, gli uomini si ingegnano di mimare i gabbiani o qualsiasi altro uccello usi tuffarsi in picchiata per catturare un pesce a tutto becco».

Incontro e intervisto Chiara Pellacani poche settimane dopo le celebrazioni per il centenario dalla nascita di Gianni Brera. Non so perché faccio immediatamente questa associazione, però la faccio. C’è qualcosa che accomuna un giornalista che oggi sarebbe centenario e una ragazza che appena diciassettenne, degna rappresentante della generazione Z, quella dei post millennial, ha già vinto due titoli europei. Tra Brera e la Pellacani scorrono generazioni, vite, fatti, pezzi di sport e di storia. Se Brera vedeva nei tuffatori l’ingegno umano che si attrezzava per raggiungere un obiettivo, come un uccello che si tuffa nell’acqua per pescare un pesce, allo stesso modo Chiara Pellacani in pedana non fa passi indietro e si getta in acqua con grazia, senza paura e a tutto becco per cercare di lasciare un segno nella sua vita, nella sua storia, nello sport. Possibilmente senza fare troppi schizzi.

Chiara, intanto, un segno lo sta già lasciando. Lei è la più giovane campionessa europea della storia. Vien da sé che sia anche la più giovane italiana a essersi imposta su un palcoscenico internazionale così prestigioso. Non così scontato in uno sport dove siamo stati abituati, per una buona decade, a sentire sempre gli stessi nomi. Siamo un popolo di abitudinari, lo sappiamo. Spesso il nuovo deve fare dei giri immensi prima di poter essere riconosciuto e accettato come tale. Come una giovane, nuova, campionessa. Se da una parte basta cercare.

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