Durante il discorso con cui ha chiesto la fiducia alle Camere, Giorgia Meloni ha citato Alfonsina Strada la ciclista che negli anni Venti del secolo scorso si fece largo in un mondo dominato agli uomini e corse un Giro d‘Italia da protagonista. Correva l’anno 1924 e in questo estratto di Vittorie imperfette il nostro Federico Vergari ci racconta qualcosa di più di Alfonsina.

La Strada è stata la prima donna a correre un Giro d’Italia. Nulla di strano oggi. Ma lei lo fece negli anni Venti e con gli uomini. Da quel momento fu considerata una delle pioniere per la parificazione dello sport tra uomo e donna.

Tra il 1917 e 1918, nel bel mezzo della Prima guerra mondiale Alfonsina corse due Giri di Lombardia. La storia narra che si presentò a Milano nella sede della Gazzetta dello Sport per iscriversi e non essendoci alcun regolamento che glielo impedisse – dopo un iniziale spaesamento dei presenti – le fu dato il via libera. Alfonsina non sfigurò, anzi! Nel ’17 arrivò negli ultimi posti, ma con ben venti uomini alle sue spalle costretti al ritiro.

L’obiettivo di Alfonsina era però un altro. Lei puntava alla corsa Rosa, lei puntava al Giro. L’occasione si palesò nel 1924. Si dice che si trattò di una mossa promozionale per attirare attenzione e consenso dato che molte grandi squadre non si iscrissero per protesta nei confronti della Gazzetta dello Sport che non voleva riconoscere un compenso ai corridori. Poco importa quali siano state le reali motivazioni. Ci bastano i fatti e questi ci dicono che Alfonsina Strada corse il giro del Ventiquattro. Nello specifico 3.613 chilometri, 12 tappe, 11 giorni di riposo, 108 iscritti.

Era un ciclismo diverso, quello. Era un ciclismo fatto da altri tempi e da distanze che oggi sarebbero impensabili. Tappe come la Bologna-Fiume di 415 km oggi sarebbero vietate. A quattro tappe dalla fine la Strada tagliò il traguardo fuori tempo massimo, ma le fu comunque consentito di terminare la gara come fuori classifica. Dei 108 iscritti soltanto trenta arrivarono a Milano. Tra questi trenta c’era anche la bici col numero 72. Lo stupore, secondo la smorfia napoletana, fece notare qualcuno, ma se ti chiami Strada il Giro d’Italia ce l’hai nel sangue e puoi fare cose incredibili. Tipo finirlo. Tipo essere la prima e unica donna a correrlo con gli uomini. Tipo sovvertire l’ordine precostituito e gettare le basi per lo sport femminile in quell’Italia che cadrà presto sotto le bombe di un’altra guerra mondiale e che poi, anche grazie al ciclismo, si risolleverà. Ancora una volta.

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