Roger Federer annuncia il suo ritiro a 41 anni e il mondo del tennis si trova improvvisamente a dover salutare uno dei più grandi atleti del ventunesimo secolo. In questo brevissimo estratto di Vittorie imperfette, Federico Vergari ci racconta gli ultimi istanti di quella che forse è ad oggi la più bella finale di Wimbledon della storia. È il 14 luglio del 2019 e sul campo centrale si affrontano Djokovic e Federer.


Troppo veloce.

L’ultima palla se ne va via così.

Troppo veloce per essere l’ultimo scambio di quello che probabilmente verrà a lungo ricordato come il match tennistico del secolo. Siamo a Wimbledon, siamo in finale, siamo nel

giorno in cui si celebra la presa della Bastiglia. È il 14 luglio 2019, fa caldo e sull’erba del Centre Court ci sono Novak Djokovic e Roger Federer.

La situazione è la seguente: due set pari, quinto set diventato long set, finito 12 a 12. Pareggio su ogni fronte, si entra nel Tie-Break da cui dopo quattro ore e cinquantasette minuti uscirà vincitore Novak Djokovic. Subito gli storici e gli statistici si sbracciano per dire la loro. Pare che si tratti della finale più lunga della storia di Wimbledon, ma non è solo quello. Sul divano, davanti alla tv, nei bar delle spiagge e persino sui compassati spalti la sensazione non è quella di aver assistito soltanto a un importante evento sportivo. A tutti sembra piuttosto di aver preso parte a un momento di storia collettiva. Lo sbarco dell’uomo sulla luna, la caduta del muro di Berlino, l’elezione di Nelson Mandela. Il mondo si divide in chi c’era e in chi non c’era durante questi momenti. In chi ha un ricordo vivido da custodire e in chi ha soltanto i racconti. E così sarà per il 14 luglio del 2019. La narrazione si scinderà in chi c’era e in chi ne ha sentito parlare. Di quella volta che Federer e Djokovic diedero vita a qualcosa che chiamare soltanto tennis è quasi offensivo.

Non è stato solo sport.

È stato un pezzo di vita.

La guerra che tutti combattiamo ogni giorno con noi stessi, coi nostri demoni, contro le nostre paure Djokovic e Federer l’hanno vomitata sul prato di Wimbledon; l’hanno messa in scena rendendoci partecipi.
Dicevamo di quell’ultima palla volata via in malo modo. Una stecca clamorosa di Federer che non ti immagini in una finale del genere e soprattutto in un momento del genere del match.

Quel puntino giallo si impenna e schizza via. Fuori dal campo. Fuori dall’inquadratura televisiva.

Vince Djokovic.

Ride, anzi sorride. Beffardo. Circa venti minuti prima aveva annullato due match point e ora ha vinto. Non esulta, cammina verso la rete e aspetta il suo avversario che in quella giornata

è stato qualcosa di più. Il co-protagonista di una sceneggiatura da Oscar.

Tutto il campo applaude e il pensiero di molti va a David Foster Wallace. Cosa diavolo avrebbe scritto quella notte stessa Wallace, se fosse stato ancora in vita? Lui che amava così tanto

il tennis e amava follemente Roger Federer. Cosa?

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